CHE FARE?

A cura del prof. Gabriele Buracchi Nutrizionista e Psicologo

 

Da quanto detto parlando dei Disturbi del Comportamento Alimentare, appare evidente che il semplice approccio nutrizionale non solo non è sufficiente, ma al contrario è spesso controindicato. Purtroppo la nostra esperienza ci dice che, tutt'oggi, professionisti del settore pretendono di curare gravi problemi come l'Anoressia o la Bulimia con indicazioni "tecniche" tipo: "mangia questo, non mangiare quest'altro".

Ci è anche capitato, nella nostra esperienza professionale, che ragazze con gravi problemi di anoressia si siano rivolte a specialisti del settore per ricevere una dieta dimagrante ed abbiano trovato chi, in maniera assolutamente irresponsabile, le ha accontentate. Ci auguriamo che comportamenti di questo tipo siano rari, anche se non ci facciamo troppe illusioni. I disturbi del comportamento alimentare e l'obesità, che non a caso abbiamo messo assieme a questi, necessitano di un approccio multidisciplinare in cui ogni operatore, indipendentemente dal suo ruolo specifico, abbia ben chiaro il fatto che che questi disturbi hanno profonde radici in una situazione di sofferenza personale, nonostante il fatto che questo venga spesso negato dalla persona interessata.

Quindi ogni operatore sanitario, medico, nutrizionista, psicologo, deve in primo luogo considerare il fatto che, per quanto spesso siano presenti atteggiamenti di negazione e di non coscienza della malattia se non di vero e proprio rifiuto di qualsiasi tipo di terapia, (specialmente nel caso dell'Anoressia), si ha comunque a che fare con persone profondamente sofferenti e necessitanti di aiuto.

Il primo passo è la costruzione di un valido rapporto paziente - terapeuta ed a questo fine è essenziale una attenta valutazione della disponibilità al cambiamento. E' infatti assolutamente controproducente imporre la terapia perfetta senza tenere presenti le richieste ed i tempi del paziente. Pur non volendo entrare nel merito dei vari orientamenti terapeutici, dobbiamo notare l'attuale tendenza emergente verso terapie standardizzate, certo utili alla costruzione di scuole ed associazioni specialistiche, ma di scarsa efficacia da un punto d vista terapeutico.

Certo esistono somiglianze e punti in comune tra i vari pazienti, ma non dobbiamo mai perdere di vista l'unicità dell'individuo.

NON ESISTE LA MALATTIA MA ESISTE IL MALATO

Il lavoro con la persona sofferente di un disturbo del comportamento alimentare, qualsiasi sia l'approccio terapeutico, è una partita a scacchi che, a differenza di quello che normalmente avviene in questo gioco, non ha mai un vincitore ed un vinto; paziente e terapeuta possono solo vincere o perdere assieme.

Sarà quindi utile, in un primo tempo, evitare di fornire indicazioni esplicite rispetto alla condotta alimentare (es. mangia di più; mangia di meno, segui questa dieta...). Se la persona si è rivolta allo specialista, evidentemente ha problemi a seguire una alimentazione equilibrata e pensare che questa possa essere seguita solo in base a delle indicazioni, significa semplicemente banalizzare i sintomi.

Fondamentale è l'ascolto dei problemi e l' accoglienza della sofferenza, avendo ben chiaro che il disturbo del comportamento alimentare maschera sempre altri problemi. Solo per citarne uno possiamo ricordare la bassa autostima che rende difficile alla persona con questo tipo di disturbi, anche solo pensare di essere in grado di "farcela".

Sarà comunque utile valorizzare i disturbi della persona, conducendo una accurata indagine e dare quindi un nome ed una prospettiva al problema portato, con un indubbio effetto rassicurante. Solitamente questo percorso rende possibile la relazione, creando una maggior disponibilità ad un percorso terapeutico.

Solo questo è in molti casi un successo, dato che è frequente, specialmente nel caso dell'Anoressia, che la paziente non venga neppure al secondo appuntamento.

Come già detto, i DCA richiedono un approccio multidisciplinare, con una sinergia di diverse competenze che spaziano da quelle del medico internista a quelle del nutrizionista a quelle dello psicologo.

Nei casi più gravi, specialmene quando ci si trova davanti a casi di denutrizione, può essere indispensabile una ospedalizzazione ed è compito del medico valutare attentamento il rapporto costi/ benefici, nel senso che, se è vero che il ricovero può nel breve periodo migliorare i sintomi dovuti alla denutrizione, è anche vero che al momento delle dimissioni è presente la possibilità di un rapido ritorno alla situazione preesistente.

Non deve essere sottovalutata neppure l'importanza dell'utilizzo di farmaci come la fluoxetina, inibitore del reuptake della serotonina a livello ipotalamico, particolarmente utilizzato nei casi di bulimia. Come nel caso dell'ospedalizzazione, però, anche l'uso di farmaci deve essere visto come l'inizio di un processo terapeutico che porti alla modifica progressiva dei rapporti della persona con il cibo e soprattutto ad una modifica degli schemi di pensiero, come le gravi distorsioni dell'immagine corporea o gli schemi di pensiero dicotomico (es. bianco/nero, tutto/nulla).

E' di fondamentale importanza, a parere degli scriventi, favorire un aumento dell'autostima e quindi della percezione di auto-efficacia della persona

Da queste considerazioni emerge evidente l'importanza, nei DCA del sostegno e dell'intervento di tipo psicologico. E' proprio per questo motivo che vengono di seguito esposti i principi generali dei principali tipi di terapia che vengono oggi utilizzati.

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